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CAPOLAVORO UNICO AL MONDO - MONUMENTALE E STRAORDINARIO TAVOLO FRATINO DI 5 METRI IN NOCE MASSICCIO - DA CASTELLO O ABBAZIA CON 14 POSTI A TAVOLA INTAGLIATI NEL LEGNO VIVO - ARTE TOSCANA DEL SEICENTO (seconda parte della documentazione fotografica)

MONUMENTALE E STRAORDINARIO TAVOLO FRATINO DI CINQUE METRI IN NOCE MASSICCIO -  DA CASTELLO O ABBAZIA CON 14 POSTI A TAVOLA INTAGLIATI NEL LEGNO VIVO – ARTE TOSCANA DEL SEICENTO – CAPOLAVORO UNICO AL MONDO

(seconda parte della documentazione fotografica)

OPERA DA GRANDE MUSEO INTERNAZIONALE

La storia multi decennale di una galleria d’arte antica come la nostra è punteggiata da opere (dipinti, sculture, mobili, vetri di Murano, orologi, oggetti curiosi e rari, ecc.) che, per la loro unicità, rarità e valore, lasciano a volte un ricordo indelebile anche in collezionisti e studiosi d’arte come noi adusi ad essere circondati da “cose belle”. Non tutte le opere, non tutti gli oggetti d’arte e d’antiquariato, infatti, sono indimenticabili. Anche nei tempi antichi hanno realizzato opere ed oggetti di pregio artistico ed estetico poco rilevante, dunque l’accertata antichità non può essere il solo coefficiente di stima di un manufatto. La particolarità e l’unicità di un’opera o di un oggetto d’arte antica, legati quasi sempre a committenze estremamente esigenti ed originali ed a scelte creative dell'artista, costituiscono dunque un valore aggiunto spesso decisivo, che fa davvero la differenza.  

Anche se ciascuno di noi ha legittimi gusti individuali che lo portano, in maggior o minor misura, verso certi periodi, stili ed epoche storiche, vi sono però casi, è questo ne è un esempio, in cui, indipendentemente dai reciproci gusti in tema di ebanisteria, ci si trova tutti magicamente d’accordo.

L’incredibile tavolo che abbiamo l’orgoglio di presentare potrebbe infatti essere un “fiore all’occhiello” non solo per le migliori gallerie d’antiquariato internazionali, ma anche per i più famosi musei d’arte del mondo. In nessuna di queste istituzioni infatti si può osservare, in questo momento, un manufatto ligneo di questa epoca, tipologia, fattura, lavorazione e raffinato utilizzo di ogni più squisita tecnica di lavorazione del legno. Un opera “da catalogo”, in altre parole. E tutto ciò va molto al di là dell’epoca (pure antichissima, primo quarto del Seicento) e dell’origine geografica del tavolo (la Toscana, una regione che ha fatto, da sola, la storia dell’ebanisteria del secondo Millennio in Italia ed in Europa).

E’ questo un monumentale tavolo-fratino di quasi 5 metri di lunghezza, largo 93 cm., alto 81 cm., in noce massiccio scolpito ed intagliato, con un piano di importante ed inusitato spessore ricavato da un unico gigantesco albero. E dove il committente, certamente per una richiesta ben precisa legata all’accoglienza nobiliare e al desiderio di stupire, richiese che fossero intagliati, nel vivo dello spessore del legno, 14 posti tavola (inclusi i due capotavola). Un tavolo da centro, dunque, realizzato secondo la tecnica e la tipologia dei “fratini” di tipo conventuale e monastico. Ma destinato certamente ad un grande salone di rappresentanza di un castello o di un’abbazia, ove si potessero ricevere ed ospitare a pranzo e cena ospiti di particolare riguardo. Tavoli di questo tipo venivano chiamati anche “da parata” o “da apparato”, proprio perché consentivano apparecchiature sontuose, con l’esibizione dei servizi e delle stoviglie più preziosi. L’estrema antichità del tavolo è evidente anche nella sua forma e nelle dimensioni, con una larghezza moderata che è un rimando alle proporzioni tipiche dei tavoli-fratini conventuali (da cui il termine), di origine medioevale e monastica, che, come noto, erano lunghi e stretti. In questo tavolo sontuoso e monumentale si è voluto comunque rispettare un canone estetico di derivazione tardo-medioevale, pur arricchendolo con intagli particolari sia sui bordi apicali del piano che, soprattutto,  nei magnifici e giganteschi sostegni “a lyra” (ben tre, vista la lunghezza del tavolo, collegati fra loro da grandi raccordi di uguale misura e incredibile spessore), con ombreggiature e variazioni tonali di colore nel legno, che donano profondità e raffinatezza al lavoro ebanistico. I tre grandi sostegni o pilastri a lyra del tavolo, simili a poderose travature ricurve, rappresentano un vero e proprio campionario stilistico delle più raffinate tecniche d’intaglio. Con parti a basso ed alto-rilievo (decorazioni floreali beneauguranti) e addirittura “a tutto tondo”, con l’aspetto di sculture a forma di cuore. Che fanno pensare ad una committenza a sfondo romantico, forse un matrimonio, con l’intento di sancire un legame indissolubile fra due persone e due famiglie. O forse anche, perché no, ad un gesto gentile nato dall’estro dell’ebanista. E’ importante ricordare che, fra ‘400 e ‘600, l’intaglio è una delle tecniche di decorazione del legno più antiche e diffuse, che permette di realizzare fregi di notevole raffinatezza: si ottiene scavando la superficie del legno con appositi strumenti (scalpello e sgorbia) seguendo un disegno prestabilito. L’intaglio scultoreo è eseguito, come nel nostro caso, a mano libera ed è assimilabile, per difficoltà e maestria, alla più nobile scultura.

L’intaglio viene eseguito direttamente nel massello del legno, sulla struttura stessa del mobile.

Si potevano usare quasi tutti i tipi di legno ma, per i lavori più raffinati, come nel caso del nostro tavolo, si impiegavano legni a venatura compatta (in Italia ed in Toscana quasi sempre il noce).

Ciò che nel nostro caso appare davvero  mai visto e che fa di questo straordinario tavolo un manufatto ligneo davvero  indimenticabile, sono le già citate 14 postazioni per piatti, intagliate e scolpite nel legno di noce e formanti un corpo unico col piano del tavolo. Si tratta di intagli circolari (o sottopiatti) di spessore evidente ma non esagerato con le giuste dimensioni per contenere, quasi ad incastro, il fondo di un piatto che, appunto, si può così sistemare al centro del cerchio in legno a forma di sottopiatto fisso. Non dimentichiamoci che, fra il XIV e il XVII secolo, vi era l’abitudine di utilizzare sovente stoviglie in peltro, oltre che in maiolica o ceramica, semplicemente appoggiate sul piano del tavolo.  E sempre senza utilizzo di tovaglie (il cui uso prevalente inizierà a partire dal Settecento). Dunque il tavolo “si doveva vedere” e veniva adeguatamente “apparecchiato” solo nei pressi di ogni posto tavola ed in ragione del numero dei commensali. E’ chiaro che il “dominus e la domina” (i padroni di casa) sedevano ai due capi del tavolo, mentre, nel nostro caso, fino a 12 ospiti potevano prendere parte al convivio. Possiamo pensare anche ad un numero così preciso (14) ricollegandoci alle consuetudini delle congregazioni nobiliari, religiose, militari e laiche, particolarmente fiorenti in Italia ed assai diffuse anche in Toscana, regione in cui potenti famiglie nobiliari di origine alto medioevale dominarono la scena per secoli. Come non dimenticare, del resto, l’ULTIMA CENA ove Gesù e i 12 Apostoli sedevano a tavola in 13, poi i celebri “Cavalieri della Tavola Rotonda” (che erano 12), le “Confraternite dei Disciplinati, degli Illuminati e dei Penitenti (sempre in numeri pari di minimo 12 o 14 adepti), le “Confraternite del Santissimo Sacramento” (di 12 o più componenti), le “Congregazioni nobiliari del Granducato di Toscana”, formate da un numero chiuso di convitati che sedevano a tavola non solo per banchetti e libagioni, ma anche per discutere i vari aspetti delle loro regole e vicende cavalleresche.

Molti studiosi sostengono che proprio tra le mura dei castelli, dei monasteri e delle abbazie abbia avuto origine l’arte culinaria italiana ed europea. Nel mondo feudale e monastico si può infatti riscontrare un’attenzione vivissima al cibo ed alla sua preparazione e presentazione. Sale da pranzo, cucine e refettori di castelli, abbazie e monasteri erano al contempo importanti ambienti di aggregazione ma anche luoghi di meditazione e preghiera, dove il momento del convivio era spesso consacrato all’ascolto silenzioso dei testi sacri o dei resoconti di fatti ed avvenimenti.

Il nostro tavolo rappresenta dunque, dopo un’attenta lettura ed analisi culturale, uno vero e proprio “spaccato di vita del suo tempo”, un esempio insigne di “libro aperto sulla storia scavato nel vivo di un legno nobile come il noce”, essenza tipica della migliore ebanisteria toscana fra Cinquecento e Seicento.

In questo contesto anche le cosiddette “Arti Minori”, come l’Ebanisteria, assurgono al rango di vere e proprie “Arti Maggiori”, di cui sono figlie dirette. “Arti Minori” nelle quali, spesso, illustri maestri infondevano non solo la loro sapienza tecnica esecutiva ma anche l’estro di veri e propri “artisti”. Ragion per cui capolavori  lignei come questo tavolo, sapientemente conservati nella loro autenticità, hanno potuto sfidare il tempo e le vicende umane, giungendo fino a noi miracolosamente intatti, testimoni straordinari della nostra antica Civiltà.

 

CAPOLAVORO UNICO AL MONDO DI ASSOLUTO VALORE MUSEALE

TOSCANA – Primo quarto del Seicento

 

 

Misure:

Lunghezza cm. 490 – Larghezza cm. 93 – Altezza cm. 81

 

 

Sito web: www.palazzodelbuonsignore.com

Provenienza : Italia

Epoca : XVII sec.

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