Bella scultura faentina in terracotta rappresentante Sant’Antonio Abate.
Lo scultore faentino ha reso davvero realistica la figura del Santo riuscendo a plasmare il suo viso in maniera mirabile e dando le giuste proporzioni all’intera figura. Egli lo ha rappresentato nella suo iconografia classica, un monaco anziano con una lunga barba (bianca) vestito con la tonaca del frate col cappuccio, la Corona del Rosario che pende dalla corda con cui i monaci si cingono la veste. In questa immagine il bastone, non viene tenuto in mano dal Santo ma poggiato al suo corpo all’altezza della spalla destra, mentre nella mano destra, davvero eccezionalmente modellata dallo scultore, tiene stretto il Tau un simbolo che ricorda la Croce di Cristo o croce egizia antico simbolo di immortalità, o di derivazione greco antica “thauma” cioè “prodigio” ( questo simbolo lo si ritrova anche nell’ordine dei francescani). Altro simbolo è la campanella, appesa al Tau, con la quale i monaci annunciavano il loro arrivano o durante le loro questue.
Sant’Antonio Abate è conosciuto anche come protettore degli animali domestici. L’artista faentino non ha voluto seguire la rappresentazione iconografica classica del Santo, ma ha riunito su di un “supporto” tenuto sulla mano sinistra aperta del Santo, gli animali dell’aia, della stalla e la campagna rappresentata dal covone di grano posto dietro. Si possono riconoscere, un montone, un cavallo, un asino, un toro (forse un omaggio alla terra di Romagna, nota per la razza bovina Romagnola), accucciato ai suoi piedi un cane, un gallo con la sua bella cresta rossa (altro riferimento alla Romagna), e altri volatili. Ma l’ animale che si trova davanti a tutti è il maiale, sempre presente nell’iconografia classica di Sant’Antonio Abate assieme al fuoco, qui posto in primo piano e dipinto.
Nella storia del Santo ( di seguito) vengono spiegati in modo esaustivo le origini del Santo e dei suoi simboli che lo accompagnano nelle diverse rappresentazioni nel corso dei secoli. Il 17 gennaio, giorno della sua morte, è tradizione la benedizione degli animali domestici e quelli alloggiati nelle stalle ponendoli sotto la protezione del Santo.
Faenza - XX sec.
Misure : Altezza 63.0 cm. Larghezza 27.0 cm. Profondità 23.0 cm. (a livello del “supporto”)
€ 1.800,00
Storia di Sant’Antonio Abate
Antonio nacque a Coma in Egitto (l'odierna Qumans) intorno al 251 in una famiglia di ricchi agricoltori cristiani. Rimasto orfano all’età di vent’anni, con una sorella a cui provvedere e un ingente patrimonio da amministrare, sentì la vocazione di dedicare la sua vita al Signore.
Dopo aver affidato la sorella ad una comunità femminile, donò i suoi averi ai poveri e divenne eremita ritirandosi nel deserto attorno alla città. Una notte, in un sogno, gli apparve un eremita come lui, che intrecciava una corda. Antonio lo interpretò come un messaggio rivolto a non essere solo un eremita dedito alla sola preghiera ma bensì essere utile nel lavoro per aiutare anche materialmente i poveri. Ma questa vita santa non lo difendeva dalle fortissime tentazioni dei demoni, tanto da fargli sorgere dubbi sulla sua vita così solitaria. Altri eremiti che Antonio consultò lo incoraggiarono a perseverare e lo consigliarono di staccarsi ancora più radicalmente dal mondo.
Allora, coperto da un rude panno, si chiuse in una tomba scavata nella roccia vicino al suo villaggio a pregare. Qui ricominciarono le sue lotte contro le tentazioni* del diavolo che lo aggrediva anche fisicamente (sotto sembianze di mostri, bestie feroci che gli dilaniavano le carni) tanto da lasciarlo svenuto per diverso tempo. Trovato in quelle condizioni dalle persone che gli portavano il cibo, venne portato nella chiesa del villaggio dove fu curato. Nel tempo raccolse attorno a se dei discepoli anacoreti mentre lui volle dedicarsi ancora di più ai sofferenti, operando “guarigioni” e “liberazioni dal demonio”. La vita di Antonio abate è nota soprattutto attraverso la “Vita Antonii” pubblicata nel 357, opera agiografica attribuita al suo discepolo Atanasio, vescovo di Alessandria.
Sant’Antonio è considerato l’iniziatore del monachesimo, a lui si deve la costituzione in forma permanente di famiglie di monaci che, sotto la guida di un padre spirituale, abbà (Abate), si consacrarono al servizio di Dio in luoghi solitari. Morì, ultracentenario, il 17 gennaio 357 e venne sepolto dai suoi discepoli in un luogo segreto. Attorno al 1070, le reliquie di sant’Antonio vengono trasferite dalla tumultuosa Costantinopoli alla valle Rodano, ove l’arcivescovo di Vienne fa erigere un’abbazia deputata a conservare il prezioso cimelio: Saint-Antoine-en-Viennois.
Sant’Antonio Abate fin dal XIII secolo viene rappresentato nella storia dell'arte come un monaco anziano con barba bianca, vestito con la tonaca da frate col cappuccio. Il bastone su cui si appoggia è spesso a forma di stampella, in quanto simbolo tradizionale del monaco medievale il cui dovere era di aiutare gli infermi. Spesso il manico del bastone è a forma di T, o in alternativa può comparire la lettera tau sulla sua tonaca, all'altezza della spalla. Questo simbolo richiama la croce egizia, rimando alla provenienza egiziana del santo, ma anche antico simbolo di immortalità, adottato come emblema anche dai cristiani alessandrini. Secondo un’altra interpretazione la lettera tau allude alla parola “thauma”, che in greco antico ha il significato di “prodigio”.
Il maiale risulta il compagno inseparabile del Santo. Nel corso del medioevo il maiale (in alcune opere viene rappresentato dal selvatico cinghiale) era infatti gli animali allevati dai monaci antoniani, resi domestici, lasciati liberi di andare per le strade del villaggio con un collare e la campanella in modo che non venissero rubati. Secondo la tradizione il grasso prodotto dal suino fu usato dai monaci come antidoto contro l’herpes zoster, noto anche come “il fuoco di sant'Antonio”.
Il fuoco ardente associato al Santo, viene anche spiegato da una leggenda secondo la quale egli discesa agli inferi per “rubare “ il fuoco ai diavoli e poi portarlo nel mondo come dono agli uomini, aiutato da un maiale che doveva creava scompiglio fra i diavoli mentre il Santo portava via il fuoco.
Un altro attributo tipico del Santo è la campanella, ora tenuta in mano o legata al bastone, ora appesa al collo del maiale. Con la campanella infatti i monaci antoniani annunciavano il loro arrivo durante gli spostamenti e le questue, e con essa venivano scacciati anche gli spiriti maligni.
Al “primitivo” maiale si aggiunsero altri animali, e per estensione Sant’Antonio Abate divenne il protettore di tutti gli animali domestici e della stalla. La ricorrenza di Sant’Antonio Abate (17 gennaio) era, sino a pochi decenni fa, molto sentita nelle campagne. Il giorno prima i contadini pulivano bene la stalla e davano una doppia razione di cibo a tutti gli animali della fattoria, perché, secondo la tradizione, il santo sarebbe venuto, durante la notte, a far visita agli animali e, se questi gli avessero riferito di non essere trattati bene, lui non avrebbe fatto nulla, durante l’anno per preservare i loro padroni dalle avversità.
* Le famose tentazioni di sant'Antonio furono molto rappresentate nell'arte del XV e XVI secolo.
I diavoli che disturbano la vita ascetica dell'eremita possono avere l’aspetto di mostri e bestie feroci.
Tra le più famose interpretazioni vi è l'incisione “Le tentazioni di Sant'Antonio” di Martin Schongauer (ca 1490). Tra le opere più conosciute a questo riguardo va menzionata anche la celebre tavola (ca 1515-20) di Matthias Grünewald che fa parte dell'altare di Issenheim conservato al Musée d'Unterlinden a Colmar. Jan Brueghel il Vecchio con la raffigurazione di paesaggi popolati da presenze demoniache che congiurano contro il santo, mentre sullo sfondo ardono misteriosi incendi (richiamo evidente al fuoco di Sant'Antonio).